L’ispirazione trinitaria della pedagogia ignaziana

di Paul Rolphy Pinto S.I.

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Introduzione

“La pedagogia ignaziana: Introduzione alla pratica”, il documento promulgato da Peter-Hans Kolvenbach nel 1993, con la finalità di completare il precedente documento del 1986, “Le caratteristiche dell’attività educativa della Compagnia di Gesù” afferma: “La pedagogia è il modo in cui i docenti accompagnano gli alunni nella loro crescita e nel loro sviluppo. La pedagogia, arte e scienza di insegnare, non può essere ridotta a semplice metodo, ma deve comprendere una visione del mondo e una concezione dell’uomo ideale che si vuole formare”[1]. L’essenza della visione del mondo di Ignazio è contenuta nel Principio e fondamento degli Esercizi Spirituali [23][2]. Il fine dell’uomo è la lode, riverenza e Servizio di Dio nostro Signore. Le altre cose del mondo sono create per l’uomo, e perché lo aiutino a conseguire il fine per cui è creato. Fra le altre cose, si può includere la pedagogia di Ignazio[3] come un aiuto essenziale nel conseguire il suo fine.

Sorge la domanda: qual è l’ispirazione ignaziana di base che muove Ignazio a proporre una pedagogia? Il mistero centrale, la fonte della vita cristiana, è il mistero della santissima Trinità. P. Pedro Arrupe, giustamente identificò la Trinità come il fondamento del carisma ignaziano nel suo famoso discorso “L’ispirazione trinitaria del carisma ignaziano” del 1980[4]. In egual modo, si può affermare che l’ispirazione della pedagogia di Ignazio sia la Trinità. Inoltre, dice Ignazio nel Racconto del pellegrino, “In questo periodo [a Manresa] Dio si comportava con lui come fa un maestro di scuola con un bambino: gli insegnava” (A [27])[5]. Ignazio, quando pensa a Dio, pensa alla Trinità[6]. La Trinità è anche la fonte dell’ispirazione della sua pedagogia.

In questa relazione vorrei soffermarmi sul legame fra le esperienze mistiche trinitarie di Ignazio e la sua pedagogia; in un secondo momento, sulle conseguenze di tale legame e la sua attualità.

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Cardoner, l’inizio

Verso la fine di marzo 1522, Ignazio si ritira per alcuni giorni nella piccola cittadina di Manresa, per non essere riconosciuto, con l’intenzione di prendere nota di alcune cose (Cf. A [18]). L’intenso breve soggiorno si protrae per undici mesi. Il periodo manresano può essere diviso in tre periodi spirituali. I primi quattro mesi – durante i quali Ignazio fa lunghe ore di preghiera e veglie, penitenze rigorose – erano caratterizzati da grande gioia (Cf. A [19-20]). Segue un periodo turbolento di prove e scrupoli. Sperimenta grandi variazioni inedite dei movimenti interiori di consolazione e desolazione (Cf. A [21-25]). La terza fase può essere chiamata la fase di grazie mistiche e illuminative (Cf. A [26-34]).

Nelle grazie mistiche ricevute, Ignazio viene a conoscenza della Trinità – Dio uno e trino, di come Dio aveva creato il mondo, di come Gesù è presente nell’Eucaristia, e dell’umanità di Cristo e Maria (Cf. A [28-29). Per ultimo, Ignazio racconta:

Una volta si recò, per sua devozione, a una chiesa distante da Manresa poco più di un miglio: credo che si chiamasse San Paolo. La strada correva lungo il fiume. Tutto assorbito nelle sue devozioni, si sedette un poco con la faccia rivolta al torrente [Cardoner] che scorreva in basso. E mentre stava lì seduto, gli si aprirono gli occhi dell’intelletto: non ebbe una visione, ma conobbe e capì molti principi della vita interiore, e molte cose divine e umane; con tanta luce che tutto gli appariva come nuovo. Non è possibile riferire con chiarezza le pur numerose verità particolari che egli allora comprese; solo si può dire che ricevette una grande luce nell’intelletto. Il rimanere con l’intelletto illuminato in tal modo fu così intenso che gli pareva di essere un altro uomo, o che il suo intelletto fosse diverso da quello di prima. Tanto che se fa conto di tutte le cose apprese e di tutte le grazie ricevute da Dio, e le mette insieme, non gli sembra di aver imparato tanto, lungo tutto il corso della sua vita, fino a sessantadue anni compiuti, come in quella sola volta (A [30]).

Ho citato la descrizione di questa grazia perché ha una certa preminenza rispetto alle altre grazie. Anche se Ignazio la racconta per ultima, non sappiamo con certezza che l’ordine nella quale le grazie vengano menzionate nel Racconto sia il medesimo ordine nel quale le grazie sono avvenute[7]. C’è un dettaglio nelle descrizioni delle grazie da tenere in conto, “quando cominciò ad essere consolato da Dio e vide i buoni risultati nelle persone che aiutava, abbandonò gli eccessi di austerità che prima si era imposto” (A [29]). Tornerò a questo punto più avanti.

La grazia/illustrazione ricevuta sulle rive del fiume Cardoner riceve diverse qualificazioni come, “insolita”, “straordinaria” e “eximia[8]. Anche se non vi è menzione della Santissima Trinità nella descrizione, nell’insieme delle grazie riportate e nel loro contesto, si può inferire che l’esperienza è radicalmente trinitaria: “conobbe e capì molti principi della vita interiore, e molte cose divine e umane; con tanta luce che tutto gli appariva come nuovo”.

I testimoni contemporanei ed intimi di Ignazio testimoniano ampiamente che la eximia ilustración fu anzitutto trinitaria. Geronimo Nadal dice: “In essa ottenne una considerevole conoscenza (praeclaram cognitionem) delle persone della Trinità e dell’essenza divina”[9].

Arrupe riassume il contenuto dell’illuminazione in questo modo:

un’illuminazione intellettuale infusa, in modo generico, riguardo all’essenza divina e alla trinità delle persone e, in modo più concreto, riguardo alle operazioni ad extra, cioè la creazione e l’incarnazione. Ignazio è introdotto nell’intimità trinitaria e vede se stesso come spettatore illuminato della creazione e incarnazione in un quadro trinitario[10].

Nel raccontare le grazie mistiche, Ignazio pone la conoscenza della Trinità al primo posto. Questo significa, secondo Brian O’Leary, che per Ignazio la Trinità è la fons et origio di tutto. La stessa Trinità è anche la fonte dell’illuminazione di Cardoner. Cosa accade a Cardoner? O’Leary mette l’accento sull’elevata capacità di Ignazio di vedere l’interconnessione fra le cose e non tanto nella gamma di cose viste. Ignazio comprende l’interconnessione fra le verità antiche e nuove e il loro significato[11].

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Allievo della Trinità

L’affermazione, “Dio si comportava con lui come fa un maestro di scuola con un bambino: gli insegnava”, precede e fa da introduzione alle grazie mistiche riportate. La portata dell’illuminazione di Cardoner fu talmente grande che Diego Laínez sostiene che Ignazio “pur essendo uomo semplice e non sapendo leggere e scrivere che in volgare, si mise a scrivere un libro sulla fede”[12]. Più tardi Ignazio come generale della Compagnia, quando lavorava sulle Costituzioni e i suoi compagni gli chiedevano perché scrivesse una cosa piuttosto che un’altra, diceva: “A questo si risponderà con un fatto che è capitato a me a Manresa”[13]. Si riferiva alla stessa grazia quando veniva interrogato riguardo questioni serie o sul modo di vivere nella Compagnia. La eximia ilustración di indole trinitaria lascia un’impronta permanente nella vita di Ignazio: sarà la pietra miliare per le sue future decisioni[14].

Sorge la domanda: cosa impara Ignazio da Dio Trinità? Seguendo la narrazione che Ignazio fa della sua eximia ilustración, si può dire che la natura della conoscenza è globale e generica, “tutto gli appariva come nuovo” o “non è possibile riferire con chiarezza le pur numerose verità particolari che egli allora comprese”. Secondo Arrupe, “La maggiore trasformazione […] è quella che conferisce a Ignazio un metodo per ogni progresso ulteriore, suprema lezione nella quale il Signore, che lo andava guidando come un bambino, porta a compimento la tappa manresiana della sua pedagogia”. In seguito, Arrupe riferendosi a Nadal, Laínez e Polanco afferma che con l’esperienza di Cardoner, l’arte di discernimento degli spiriti raggiunge la sua maturità. Cita Nadal e dice: “Lì ottenne la discrezione degli spiriti[15]. Il discernimento è certamente una parte integrante della pedagogia di Ignazio.

La parte essenziale degli Esercizi Spirituali nella loro forma elementare fu composta a Manresa, sicuramente dopo aver ricevuto le grazie mistiche. La contemplazione dell’Incarnazione (ES [101-109]) ci dà una buona idea di cosa impara Ignazio della pedagogia della Santissima Trinità. La contemplazione presuppone la circuminsessione trinitaria. Come la intende Ignazio? La risposta si trova nella nota del 21 febbraio del Diario Spirituale:

Ho delle intelligenze spirituali che mi illuminano tanto da sembrarmi di non aver più nulla da conoscere sul tema della Santissima Trinità […] conoscevo, sentivo o vedevo, Dominus scit, che, parlando al Padre e considerando che era una persona della Santissima Trinità, mi infiammavo d’amore per tutta la Trinità, tanto più che le altre persone erano presenti in lui essenzialmente. La stessa cosa sentivo nella preghiera rivolta al Figlio, come pure in quella fatta allo Spirito Santo. In ognuna mi rallegravo nel provare consolazioni che io consideravo con gioia come un dono fattomi da tutti e tre [62, 63][16].

L’unità essenziale fra le persone della Trinità si esprime in modo più semplice negli Esercizi, cioè, attraverso l’intima conversazione fra le persone della Trinità. Ignazio invita l’esercitante a contemplare, cioè, vedere ciò che fanno e ascoltare ciò che dicono le persone della Trinità in dialogo:

vedere e considerare come le tre Persone divine, sedute sul loro soglio regale o trono di sua divina maestà, guardano tutta la superficie ricurva della terra, e tutte le genti in tanta cecità, e come queste muoiono e scendono nell’inferno (ES [106]).
Quello che dicono le Persone divine, cioè: “Facciamo la redenzione del genere umano”, ecc. (ES [107].)
Quello che fanno le Persone divine, operando cioè la santissima incarnazione, ecc. (ES [108].)

La conversazione intima fra le persone della Trinità conduce all’incarnazione e conseguentemente alla redenzione dell’umanità. Le persone della Trinità “decidono nella loro eternità che la seconda Persona si faccia uomo, per salvare il genere umano”. Negli Esercizi, Ignazio impiega la pedagogia della Trinità per aiutare l’esercitante a raggiungere il fine per cui è stato creato. La conversazione spirituale, lo strumento apostolico privilegiato della Compagnia[17], nel processo di fare gli Esercizi si svolge in tre livelli[18].

Nel primo livello, si può dire che la “conversazione” è fra Ignazio, l’autore degli Esercizi e chi dà gli Esercizi. A questo livello, Ignazio fa da pedagogo, insegnando a chi dà gli Esercizi come dare “un altro modo e ordine” (ES [2]). Il secondo livello di conversazione è fra chi dà e chi riceve gli Esercizi. I colloqui fra chi dà e chi riceve gli Esercizi sono indispensabili nel processo di fare gli Esercizi. In questo livello, spetta a chi dà gli Esercizi o all’accompagnatore fare da mistagogo, come fa Gesù con i discepoli in cammino a Emmaus (Cf. Lc 24: 13-35) o Filippo con il ministro etiope (Atti 8: 26-40). A questo livello, sono molto utili i principi pedagogici ignaziani che appaiono principalmente nelle Annotazioni (Cf. ES [1-22][19]), le Addizioni (Cf. ES [73-90]) e Le regole di discernimento (Cf. ES [313-336]). Saranno questi i medesimi principi adottati nell’apostolato educativo nella Compagnia di Gesù. Vediamo un piccolo esempio: l’Annotazione 15 sostiene che il compito di chi dà gli Esercizi sia facilitare l’incontro fra l’esercitante e il Creatore in modo tale che il Creatore operi in modo immediato con l’esercitante. Fatto questo, l’accompagnatore si toglie di mezzo: l’obiettivo è che l’esercitante trovi Dio. Nell’apostolato educativo, il compito del maestro che fa da accompagnatore è di aiutare l’alunno a scoprire la verità (della rispettiva disciplina)[20].

Il terzo livello della conversazione avviene fra l’esercitante e Dio, principalmente nei momenti di preghiera ma non solo. Avendo ricevuto “il modo e ordine” dall’accompagnatore, l’esercitante si dirige a Dio e Dio risponde. La risposta di Dio viene percepita attraverso i movimenti che si causano nell’anima dell’esercitante.

Ignazio apprende dalla Trinità la pedagogia conversazionale, che costituisce il nocciolo della pedagogia ignaziana. Nella storia della salvezza Dio si rivela come Trinità, allo stesso modo si rivela a Ignazio: gli insegna. Ignazio impara ed insegna agli altri: così nasce la sua pedagogia.

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Pedagogia ignaziana al servizio della missione

Qui mi pongo la domanda: quali sono le implicazioni di trovare l’origine della pedagogia ignaziana nell’ispirazione trinitaria? C’è uno stretto legame fra pedagogia trinitaria e missione. La pedagogia conversazionale della Trinità che Ignazio contempla, approda, come diceva Arrupe, nelle operazioni ad extra, cioè, nella missione trinitaria. Gesù si incarna per la salvezza dell’umanità. Gesù viene ad aiutarci. Sopra avevamo detto che Ignazio illuminato dalle visioni trinitarie a Manresa, quando “vide i buoni risultati nelle persone che aiutava, abbandonò gli eccessi di austerità che prima si era imposto. Adesso si tagliava le unghie e i capelli” (A [29]). Imitando i santi, San Onofrio in questo caso, Ignazio aveva lasciato crescere le sue unghie e i capelli, aveva trascurato il suo aspetto fisico. Questo modo di fare certamente avrebbe impedito l’avvicinamento delle persone verso di lui. Ma la contemplazione della Trinità ispirò in Ignazio l’imitazione della missione trinitaria: anche lui volle aiutare le persone, e quindi, si rese presentabile.

Infatti, Ignazio aiutava le anime già quando cominciò a sentirsi meglio nel periodo di convalescenza nel castello di Loyola: “Quando si intratteneva con quelli di casa, impiegava tutto il tempo in cose di Dio e questo arrecava loro profitto spirituale” (A [11]). Ignazio era così pieno di Dio che non poteva far altro che parlare di Dio e le persone venivano aiutate, anche se non sembra fosse la sua intenzione principale aiutare le anime. Invece, dopo le grazie mistiche trinitarie ricevute a Manresa, cominciò a badare alla sua salute e all’aspetto esteriore per aiutare le anime, conversando con le persone di Dio. Più avanti nel Racconto del pellegrino, quando Ignazio si trattiene sulla peregrinazione in Terra Santa dice: “Era suo fermo proposito stabilirsi a Gerusalemme per ritornare spesso su quei luoghi santi. Oltre a questo scopo di devozione ne aveva un altro: aiutare le anime” (A [45]). Ignazio, intenzionalmente vuole imitare la Trinità nelle sue operazioni ad extra. Nella luce delle grazie ricevute a Manresa, si rende conto che Dio Trinità gli concede il dono di aiutare le anime, cioè, il suo carisma. Questo carisma sarà confermato in un’altra visione trinitaria, quella di La Storta. Qui sente la chiamata da Gesù carico della croce. Laínez nel suo racconto della visione di La Storta dice che a Ignazio parve di “vedere Cristo caricato della croce e, accanto a Lui, il Padre che gli diceva: ‘Voglio che tu prenda costui come tuo servitore’. Gesù allora lo prese dicendo: ‘Voglio che tu ci serva’”[21]. Quindi, la dimensione del servizio – aiutare le anime – è parte integrante della pedagogia che Ignazio impara dalla Trinità. Nella Formula dell’istituto (1550) il fine della Compagnia verrà specificato come “una compagnia istituita allo scopo precipuo di occuparsi […] del progresso delle anime nella vita e nella dottrina cristiana” (FI [1])[22].

Ignazio avrebbe potuto usare espressioni come “aiutare gli altri” o “aiutare i vicini”. La sua preferenza della parola “anime” ha a che fare con ciò che egli sentiva come la sua chiamata ad accompagnare i processi interiori, a risvegliare negli altri l’esperienza di Dio, a guidarli, sostenerli e appoggiarli[23]. Così egli era aiutato, accompagnato da Dio-Trinità, il suo maestro. Quindi, l’espressione “aiutare le anime” presuppone elementi pedagogici ignaziani. Attualmente, l’apostolato educativo dei gesuiti ha lo scopo di formare “gli uomini per gli altri”[24] o “le persone con e per gli altri”, attraverso la pedagogia ignaziana. Per aiutare le anime, c’è bisogno delle persone con e per gli altri. Esaminiamo brevemente gli sviluppi recenti.

Il 1 agosto 1973[25], a Valencia, il Padre Arrupe pronunciava il discorso “La promoción de la justicia y la formación de las asociaciones” nel congresso X degli antichi alunni di Europa. Il discorso è comunemente conosciuto con il titolo fatto famoso “Hombres para los demás[26]. Sono passati cinquanta anni ma le parole di Arrupe sono ancora oggi attuali[27]. Il discorso di Arrupe marca un momento decisivo, cambiando per sempre l’obiettivo del ministero educativo, il miglior strumento apostolico della Compagnia[28].

José Alberto Mesa fa notare che la Ratio Studiorum del 1599 promuoveva l’educazione integrale e includeva il bene comune, e plasmava il concetto della eloquentia perfecta. Nell’ambiente umanista del VI s., questo concetto non si riferiva a una mera tecnica bensì ad uno stile di vita che integrava la formazione intellettuale e professionale con la formazione civica e morale. I primi gesuiti adottarono l’ideale della eloquentia perfecta. Questo non era per loro semplicemente l’arte di scrivere e parlare bene ma l’arte di vivere bene, ovvero la formazione di un carattere morale retto al servizio del bene comune. Secondo Alberto Mesa però, c’è una differenza fra l’ideale della eloquentia perfecta e l’ideale che propone Arrupe – gli uomini per gli altri. Mentre la seconda cerca il cambiamento sociale, la prima cercava di migliorare il sistema sociale esistente[29].

Cosa intendeva Arrupe con la celebre espressione “gli uomini per gli altri”? Spesso l’espressione viene ridotta ad uno slogan facile da ripetere e vendere, e altre volte viene intesa nei meri termini secolari, dimenticando il suo significato più profondo. Quando Arrupe usava l’espressione, egli era radicato saldamente nella tradizione umanistica della Compagnia. Agli inizi della Compagnia il mantra educativo dei Gesuiti era, “Puerilis institutio est renovatio mundi” (la formazione dei giovani è il rinnovamento del mondo)[30]. Arrupe pronunciava il suo discorso discernendo i segni dei tempi, dove la Chiesa lottava per la giustizia e l’opzione per i poveri. L’uomo per gli altri, affermava Arrupe, “è un centro, dotato di coscienza, intelligenza e potere. Ma è un centro chiamato ad uscire da se stesso, a donarsi e proiettarsi verso gli altri attraverso l’amore”[31]. Questo uomo è Cristo[32] contemplato nella Contemplazione dell’Incarnazione (Cf. ES [102s]). Le persone della Trinità osservano la superficie del mondo, e sono mosse dal predicamento dell’umanità, conversano fra loro e decidono di aiutarla. Gesù esce da sé stesso, dal seno della Trinità, e si dona per l’umanità. La base teologica dell’espressione “gli uomini per gli altri” è l’economia trinitaria.

Peter-Hans Kolvenbach, il successore di Arrupe, arricchisce la celebre espressione di Arrupe “gli uomini con gli altri”. Riferendosi a Arrupe e Kolvenbach il P. Arturo Sosa chiede, chi è una persona per gli altri e risponde, “una persona che, come dice P. Peter-Hans Kolvenbach, è anche una persona con gli altri, sottolineando un aspetto su cui P. Arrupe ha insistito molto: non possiamo essere più senza gli altri (no podemos ser más sin los demás)”[33]. L’obiettivo educativo della Compagnia, quindi sarebbe, formare le persone con e per gli altri. Ancora, le persone della Trinità, nel senso pieno, sono persone con e per gli altri. La pedagogia ignaziana che ha la sua ispirazione nella Trinità, è al servizio della missione, cioè, per aiutare gli altri. Nel campo educativo, la finalità della pedagogia ignaziana è di formare le persone con e per gli altri, che a loro volta diventano agenti di cambio sociale “aiutando gli altri”[34].

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Conclusione

Attraverso le illustrazioni e visioni trinitarie, Ignazio si rende conto e riceve la conferma del dono che la santissima Trinità gli faceva: il desiderio di “aiutare le anime”. Non solo riceve il suo carisma, ma la stessa Trinità gli insegna come aiutare le anime, un metodo che noi chiamiamo pedagogia ignaziana. Questa pedagogia viene impiegata in modo efficace nell’accompagnare i processi spirituali delle persone e l’adattazione della stessa è impiegata per formare le persone nell’apostolato educativo della Compagnia. Nella visione di Ignazio, il mondo è permeato dal mistero di Dio trinitario che abita nel mondo e continua a operare in tutte le cose create (Cf. ES [235, 236]). La pedagogia di Ignazio, ispirata dalla Trinità, aiuta le persone a scoprire l’impronta trinitaria nel creato[35]. Tali persone sono anche più sensibili ad accogliere i doni dello Spirito, come la potenza, la giustizia, la bontà, la pietà e la misericordia che discendono dall’alto (Cf. ES [237]), rendendole persone di competenza, di coscienza e di impegno appassionato[36]. Come le persone della Trinità, queste persone sono persone con e per gli altri, che partecipano nella missione trinitaria della redenzione dell’umanità e si impegnano appassionatamente per la trasformazione del mondo. La pedagogia ignaziana è l’imitazione della pedagogia trinitaria ad intra e la missione che nasce da tale pedagogia è l’imitazione della missione trinitaria ad extra.

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  1. La Pedagogia Ignaziana: Introduzione alla Pratica [11]. Disponibile a https://www.gesuitieducazione.it/documenti-fondativi/la-pedagogia-ignaziana-introduzione-alla-pratica/ [accesso 05.02.2024].

  2. In seguito ES. Testo in Gesuiti – Provincia di Italia, a c. di, Gli scritti di Ignazio di Loyola (Roma: AdP-Apostolato della Preghiera, 2007). Cf. José A. Mesa, ed., Ignatian Pedagogy: Classic and Contemporary Texts on Jesuit Education from St. Ignatius to Today (Chicago (IL): Loyola Press, 2017), 355-360.

  3. I tratti essenziali della pedagogia ignaziana derivano dagli Esercizi Spirituali. Cf. Commissione Internazionale per l’Apostolato dell’Educazione della Compagnia (CIAESJ), Le caratteristiche dell’attività educativa della Compagnia di Gesù”, [65, 154, 155, 187]. Disponibile a https://www.gesuitieducazione.it/documenti-fondativi/le-caratteristiche-dellattivita-educativa-sj/ [accesso 05.02.2024].

  4. Pedro Arrupe, «L’ispirazione trinitaria del carisma ignaziano», Appunti di Spiritualità 13 (1980)..

  5. A = Autobiografia. Testo in Gesuiti – Provincia di Italia, Gli scritti di Ignazio di Loyola.

  6. Cf. Nel Racconto (Cf. A [28]) Ignazio racconta come egli non poteva smettere di parlare della Trinità dopo la visione trinitaria e la devozione alla Santissima Trinità rimane impressa per il resto della sua vita. Le pagine del suo Diario spirituale ne danno ampia testimonianza. Cf. Pedro Arrupe, “L’ispirazione trinitaria del carisma ignaziano, n. 8; Josep M. Rambla Blanch, Moverse por el amor: Ignacio de Loyola, su carisma y su legado (Bilbao-Santander: Mensajero-Sal Terrae, 2022), 19.

  7. Cf. Brian O’Leary, Ignatius Loyola Christian Mystic (Dublin: Messenger Publications, 2023), 44.

  8. Cf. Pedro Arrupe, “L’ispirazione trinitaria del carisma ignaziano”, n. 14.

  9. Jerónimo Nadal, “1ª Predica di Colonia”, in Fontes Narrativi de Sancto Ignatio de Loyola II (Roma: MHSI, 1951), 406 (In seguito FN), come citato da Pedro Arrupe, “L’ispirazione trinitaria del carisma ignaziano”, n. 16.

  10. Pedro Arrupe, “L’ispirazione trinitaria del carisma ignaziano”, n. 17.

  11. O’Leary, Ignatius Loyola, 44, 63.

  12. Laínez, Lettera a Polanco (1547) n. 12, FN I, p. 82, come citato da Pedro Arrupe, “L’ispirazione trinitaria del carisma ignaziano”, n. 15.

  13. Nadal, Dialogi pro Societate (1563) n. 8, FN II, p. 240, come citato da Pedro Arrupe.

  14. Pedro Arrupe, “L’ispirazione trinitaria del carisma ignaziano”, n. 14, O’Leary, Ignatius Loyola, 60, 63.

  15. Nadal, Dialogi n. 8, FN II, p. 240. Cf. Pedro Arrupe, “L’ispirazione trinitaria del carisma ignaziano”, n. 20; O’Leary, Ignatius Loyola, 62.

  16. DS = Diario Spirituale. Testo in Gesuiti – Provincia di Italia, Gli scritti di Ignazio di Loyola.

  17. Germán Arana, “La conversación espiritual. Instrumento apostólico privilegiado de aa Compañía”, Revista de Espiritualidad Ignaciana XXXVI, no. 1 (2005): 1–32.

  18. Intoducción in Santiago G. Arzubialde and José García de Castro Valdés, eds., El ‘Autógrafo’ de Los ‘Ejercicios Espirituales’ = TheAutographCopy of the ‘Spiritual Exercises, trans. Barton T. Geger, Espiritualidad [Mensajero] (Bilbao: Mensajero, 2022), 85, 86. Gli autori parlano della struttura dialogica in quattro testi (letterale, semantico, allegorico e anagogico). Partendo la loro riflessione, adatto le loro idee per individuare i tre livelli di conversazione.

  19. Anche se numeri 21-22 non vengano elencati sotto le Annotazioni, la loro finalità è quella delle Annotazioni.

  20. Cf. La Pedagogia Ignaziana. Introduzione alla Pratica [27].

  21. Laínez, Adhort. in examen (1559) n. 7, FN II, p. 133, come citato da Pedro Arrupe, “L’ispirazione trinitaria del carisma ignaziano”, n. 40.

  22. FI = Formula dell’istituto 1550. Testo in Gesuiti. Congregazione generale (34: 1995: Roma), Costituzioni della Compagnia di Gesù annotate dalla Congregazione Generale 34a: Norme Complementari approvate dalla medesima Congregazione (Roma: Edizioni ADP, 1997).

  23. Cf. Javier Melloni Ribas, Éxodo y Éxtasis En Ignacio de Loyola: Una Aproximación a Su Autobiografía (Maliaño (Cantabria): Sal Terrae, 2020). [Edizione e-book]

  24. Quando il P. Arrupe usava questa espressione, il discorso inclusivo di genere non si praticava. Oggi egli avrebbe detto “le persone per gli altri”.

  25. Due anni prima, nel 1971 era stato pubblicato il documento finale del Sinodo, “La giustizia nel mondo”.

  26. Cf. Pedro Arrupe, “Hombres para los demás: La promoción de la justicia y la formación en las asociaciones”. Disponible a https://www.sjweb.info/documents/education/arr_men_sp.pdf [accesso 10.02.2024].

  27. Cf. Francisco José Ruiz Pérez, “Hombres para los demás”: Una relectura antropológico-teológica del lema de Pedro Arrupe”, Manresa 96, no. 378 (2024), 31.

  28. Cf. «Presentación», Manresa 96, fasc. 378 (2024): 3–4.

  29. Cf. José Alberto Mesa, “50 Años de una invitación profética: Hacernos personas para los demás”, Manresa 96, no. 378 (2024), 21-22.

  30. È stata coniata dal P. Juan de Bonifacio. Monumenta Pedagogica 3, 402, nota 15.

  31. Pedro Arrupe, “Hombres para los demás”, n. 75. Traduzione personale. El hombre es un centro, dotado de conciencia, de inteligencia y de poder. Pero un centro llamado a salir de sí mismo, a darse y proyectarse a otros por el amor. Cf. Alfredo Verdoy Herranz, “Sin conversión personal, sin desarrollo religioso, es imposible la lucha por la justicia”, Manresa 96, fasc. 378 (2024): 5–15., 13.

  32. Questa e le altre idee di questo paragrafo, Alberto Mesa, “50 Años de una invitación profética: Hacernos personas para los demás, 23-25.

  33. Arturo Sosa, “Los antiguos alumnos de la Compañía de Jesús invitados a ser compañeros en la misión de

    reconciliación y justicia en nuestro mundo actual”, n. 12. Disponibile a https://www.jesuits.global/sj_files/2023/02/2022-07-14_Discurso-WUJA-Barcelona-2022_ESP.pdf [accesso 11.02.2024]. Traduzione personale. una persona que como bien lo indicó el P. Peter-Hans Kolvenbach es también una persona con los demás resaltando algo que el P. Arrupe tanto insistía: no podemos ser más sin los demás. Cf. Alberto Mesa., “50 Años de una invitación profética: Hacernos personas para los demás”, 26-27.

  34. Alla luce delle encicliche di papa Francesco Laudato sì e Fratelli tutti, oggi essere persone per le altre ci invita a essere persone con e per gli altri e con la creazione. Cf. Alberto Mesa., “50 Años de una invitación profética: Hacernos personas para los demás” 29.

  35. Cf. Il Proemio della Costituzione apostolica Veritatis gaudium privilegia la contemplazione del mistero radicato nella Trinità come uno dei primi criteri di rinnovamento degli studi ecclesiastici. “un mistero che affonda le sue radici nella Trinità, ma che ha la sua concretezza storica in un popolo pellegrino ed evangelizzatore, che trascende sempre ogni pur necessaria espressione istituzionale […] e che trova il suo ultimo fondamento nella libera e gratuita iniziativa di Dio” ([4a], Evangeli gaudium [111]).

  36. Cf. La pedagogia ignaziana. Introduzione alla pratica, n. 120. Seguendo il pensiero tanto ripetuto di K. Rahner, si può dire che la missione dell’educatore ignaziano è risvegliare l’essere mistico nelle persone. Solo le persone che abbiano fatto una esperienza personale del mistero possono garantire un futuro meglio. Cf. Rambla Blanch, Moverse por el amor, 35.